Lo temevamo, già da giorni.
Li avevamo evocati con i nostri insulti (sul divano anche di più, visto che avevamo una cantante lirica vera, che buttava via la testa ad ogni esibizione dei tre tomi) e con i nostri sbeffeggiamenti, che si affievolivano giorno per giorno di più, dopo essere stati pronunciati, come se fossero stati urlati nella neve.
Stava nascendo, pian piano, sotto sotto - o sopra sopra, ancora devo capire - un movimento che diceva "ma che bravi ragazzi quelli, che carini, e poi sono un'eccellenza italiana! fanno furore all'estero, lo sapevi?" insomma un borborigma che portava allo scoperto quel sentimento di orgoglio nazionale che ci fa considerare persino Al Capone una gloria nazionale, perchè ha ispirato alcuni dei più bei film del cinema mondiale.
Insomma stava vincendo Il Volo.
La serata della finale è servita solo per sviluppare quel senso di ineluttabilità necessario per farci andar bene quest'idea. Ed è durata abbastanza per permettermi di trovare alcune buone ragioni (no, buone no, mi sembra eccessivo: diciamo verosimili) perchè ciò sia successo.
1) Hanno chiuso la bocca a quelli che "tanto vince sempre Amici. O Xfactor, a turno". Niente: qui ce n'erano 8 in gara, non ne è passato uno. E se adesso si parla di questi tre qui "arrivati dai talent"non date retta a quei cialtroni di giornalisti: è solo perchè non sanno dove sbattere la testa perchè loro non li conoscevano, se non per un talent della Clerici da cui tutto è partito. Ma è come se adesso vincesse Mengoni perchè "è uscito da un talent", per dire....
2) Almeno abbiamo qualcos'altro da ascoltare quando andiamo in Russia, Germania, Stati Uniti o cheneso, Corea o Giappone. Eravamo stanchi di dover mimare "L'Italiano" o di abbozzare quando dicevano "Italiano? Bocelli!"
3) Per la piega che ha preso l'Eurofestival, con questi tre qui spacchiamo di brutto. Lo faceva già intuire lo sfondo "Versace" collezione roma rinascimentale che passava dietro di loro mentre cantavano. Sarà il trionfo dello strakitsch, ma se ci danno dentro riusciamo a convincerli a votarci tutto il blocco slavo. e magari persino quelllo francofono.
Basta, ho esaurito tutta la mia positività. Rimando per il resto al post inca@@ato nero che sicuramente ci regalerà la nostra esperta di VoiceActually Carla Regina, appena si ripiglia dallo choc.
Per quanto riguarda la serata, mi sento come succede sempre quando finisce Sanremo: alla finale prendo sempre un sacco di appunti perchè mi sembra che succedano talmente tante cose che non riuscirù mai a scriverle, e poi, una volta proclamato il vincitore, mi ricordo sempre e solo di chi ha vinto. Di norma, per altro, per lamentarmene.
Ricorderò solo Will Smith: un perfomer fantastico, un grande professionista, tanto professionista da tramutare in risorsa qualunque cavolata dicesse Conti. Persino quando gli ha detto di fingere di essere compagno delle elementari, persino quando citava a casaccio i suoi percorsi di rapper. Un grande: si vede che c'è del mestiere li, e che di presentatori co...oni in giro per il mondo ne ha conosciuti parecchi.
E ricorderò Giorgio Panariello: che ha interpretato la serata finale di Sanremo così come doveva essere: ridiamo, sfottiamo il capitano della nave, diciamo "piove Governo ladro" un po' ma non abbastanza da far arrabbiare troppo qualcuno che sono tutti li che ci guardano. Leggera, ma che non parlasse solo di sutpidaggini, sennò quelli impegnati si lagnano. Il risultato è stato la seconda performance, dopo Luca e Paolo, in cui mi sono divertita (e, si, poi vado a confessarmi per il peccato).
Infine, sento la necessità di giudicare i conduttori, che alla fine mi hanno portato fino in fondo a questa settimana senza danni. (So che il divano non sarà, mediamente, d'accordo con me: però scrivo io qui, quindi esercito il mio potere :-)).
Arisa: 8. E' meravigliosamente candida, sta nei tempi, è di un ocaggine cosi naturale da fare tenerezza. Praticamente il tenerone, di driveiniana memoria. La gag dell'anestetico, uscita fuori da chissà quale droga fornita dal "medico del Festival" è uno dei momenti migliori della kermesse.
Emma: 8. Un inno alla terronaggine. la riscossa del "pane e salame", l'incarnazione del "scarpe grosse e cervello fino" che non si vergogna di quello che è, ma nemmeno lo esibisce. Si vede che ha anni di allenamento per difendersi dagli snob, e questa me l'ha resa supersimpatica.
Carlo Conti: organizzazione 10, lato umano 3: media 7.
Dal punto di vista pratico e organizzativo, Carlo Conti è stato strepitoso: una straordinaria capacità di "tenere a bada" le persone, di lasciarle libere e controllarle allo stesso tempo, di trovare un elemento che piacesse a tutti i potenziali ascoltatori, dal teenager al novantenne, abbastanza tempo da far contento uno e non far scappare l'altro. In questo modo è riuscito a tenere insieme i sedici figli e Conchita Wurst, la canzone contro l'omofobia e il matrimonio da record. Ragazzi, potete avere qualunque opinione di quest'uomo (e io l'avevo pessima) ma è una macchina perfetta per le organizzazioni complesse. E ora, finalmente, capisco la sua longevità artistica a dispetto della sua faccia e dei suoi modi.
Quello che ho trovato terribile è che, in questi giorni, ho capito che lui è davvero un po' razzista e bacchettone: non in maniera smaccata, ma all'italiana. Quelle battute - reiterate - sul "lui è più nero di me" o le continue precisazioni sul fatto che aveva una moglie, che la drag queen si chiamava Tom e che la famiglia e una e regolare, mi hanno fatto sottilmente rabbrividire.
Però ho dovuto ammettere che alla fine i neri, le drag, i matrimoni gay e le canzoni sull'identità sessuale ce le ha portate lui al festival, e quindi è consapevole del fatto che esistano, anche se non sono il suo genere, e che sono parte della società. Questo per ora mi basta, percchè io volevo solo poter guardare, in pace, Sanremo.
(non aspettatevi, per ora, grassetti fotografie e altra paccottiglia: sto andando in gita. Però entro stanotte vi metto questo post perfettamente in ordine. Grazie per la pazienza...)
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