Il premio - non alla carriera, badate bene! - per i
cinquant’anni della sua più famosa canzone, “Io che non vivo (senza te)” è stato
consegnato nelle mani del suo ritrosissimo autore e interprete, Pino Donaggio,
nel corso della spumeggiante seconda serata del Festival di Carlo Conti. Senza
smentire il suo personaggio, Conti ha avuto l’intuizione - da competente
musicofilo - di premiare un genio della musica leggera italiana (e non solo
leggera!), ma l’ha fatto poi nel modo più banale, sprecando di fatto
l’occasione di fare spettacolo con un personaggio che difficilmente rivedremo
in una qualsiasi altra ribalta.
Pino Donaggio è di Venezia e nei primi anni ’60, dopo gli
studi al conservatorio, comincia a inanellare una serie di successi
festivalieri di gran momento: oltre a “Come sinfonia”, molto nota nella
versione di Mina ma non meno bella in quella di Teddy Reno o dello stesso Donaggio,
il cantante/compositore di Burano centra l’immaginario collettivo del boom con
“Giovane giovane”, in gara nel ’63 per la voce sua e di Cocky Mazzetti, e la
decisiva “Io che non vivo” presentata in gara nel 1965, ovviamente snobbata
dalle giurie, che le preferiscono “Se piangi se ridi” di Bobby Solo. La canzone
è però immediatamente notata da una delle star internazionali presenti a
quell’edizione festivaliera, Dusty Springfield, che la lancia sul mercato
anglofono con enorme successo, tanto che, sia pure tra i fumi dell’alcool e
della droga, la nota e incide persino Elvis Presley.
Sanremo rimane comunque per Donaggio una vera “Casa in cima
al mondo” (tanto per citare un altro suo titolo splendido, cantato anche da
Mina in un memorabile “Studio Uno”): tra il 1961 e il 1972 partecipa al
festival sempre, tranne nel ‘63 e nel ’69: è lui il signore dei festival anni '60.
Le ultime edizioni - nelle quali
gareggia per conto della sua nuova casa discografica, la Carosello - sono
coperte dall’oblìo ma ciò nondimeno significative: in particolare quella del
1972, con il brano “Ci sono giorni”, meriterebbe una rapida rivalutazione per
l’originalità della canzone.
L’attività da solista di musica leggera va in quegli anni
calando: una delle ultime gemme è “La voglia di vivere” del 1973; in quel
periodo però Donaggio coltiva e intensifica le sue relazioni nel mondo del
cinema, dove col tempo si specializzerà nella composizione di colonne sonore,
in particolare per film thriller e horror. Memorabile il suo sodalizio con
Brian de Palma, ma nel suo paniere figurano collaborazioni anche con registi
più giovani (Joe Dante) e ovviamente anche italiani, come Dario Argento.
Negli ultimi anni torna anche alla TV italiana, scrivendo i
commenti sonori per fiction di grande successo come "Don Matteo" che, per certi
versi, sempre horror sono.
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