lunedì 24 febbraio 2014

Renga come Bitossi: e a vincere è Arisa

Io non sono una grande sportiva, ma da quando ero piccola ho in mente una scena (commentatore Adriano de Zan) che mi è tornata alla memoria spesso come una metafora di molte cose della vita.
E' questa:



Ieri sera, quando ormai era già quasi diventato oggi, nel momento della proclamazione dei primi tre, quella scena mi è venuta in mente, come se la stessi rivedendo. Mentre ancora tutti inneggiavano a Bitossi-Renga, che aveva sbaragliato al televoto per tutte le giornate del festival, la giuria di qualità lo estrometteva dai primi tre, lasciando ad Arisa-Basso campo libero per la volata finale.
Poi, con tutta calma, sono venuti fuori i "ve l'avevo detto io", e gli "era già tutto previsto" sulla sua vittoria: in quel momento li, però, siamo rimasti tutti con il naso in mezzo alla faccia.

Perchè tutto ci immaginavamo, anche che Renga non vincesse: ma che non figurasse nemmeno tra i primi tre, no.
E invece così è stato: e il trio dei finalisti è stato Arisa, Raphael Gualazzi e Renzo Rubino.  Un trio lontano anni luce dalla tradizione sanremese: fatta salva, ma solo parzialmente, la vincitrice. Soprattutto, un trio dove non c'era il più votato dalla gente.
Una roba stranissima.
Alla fine, francamente sono stata contenta che Arisa abbia vinto: una vittoria "colta" di Gualazzi o Rubino sarebbe sembrata contro natura sulla Riviera dei fiori ... Certo però che una situazione del genere e il modo in cui è stata conquistata la vittoria finale ha lasciato tutti di stucco, Arisa in primis. Lasciando un amaro in bocca immeritato, magnificamente sintetizzato da questo tweet:


E' proprio vero che Sanremo sembra fuori dal mondo, ma è lo specchio della realtà.....

Questo mi è rimasto dell'ultima giornata del festival. 
Certo, potrei dirvi anche dell'emozione di un miniconcerto di Ligabue, o della scoperta Stromae, o del  fatto che - vivaddio - nella finale sono tornati i vestiti sanremesi: quelli o meravigliosi o tremendi, ma comunque da commentare.  O anche del fatto che Crozza, di norma meraviglioso, a Sanremo proprio non va. Alla fine di tutto l'ambaradan, però, conta solo chi ha vinto e perché: e sulla vittoria di Basso vi dò appuntamento all'anno prossimo.




domenica 23 febbraio 2014

Sanremo 2014, finale e ascolti.
Vince Arisa.

Vince Arisa. Vittoria citofonata? Tutti dicono che si sapeva da tempo...peccato che due giorni fa tutti affermavano convinti l'assoluta vittoria di Francesco Renga.

Eh, Renga. Che fine ha fatto? Da primo che era nella classifica provvisoria di giovedì sera non solo è stato superato dalla seconda di quella classifica – Arisa – ma per giunta è sparito dal podio, surclassato dalla sorpresa Gualazzi.

Nella finale di sabato, dopo la la classifica definitiva - e dopo aver stabilito la classifica dal 13° al 4° posto - è stato riaperto il televoto per i primi tre, decidendo così il podio e il vincitore di questa 64esima edizione (votato dal 25% dal televoto di giovedì sera, 25% dal televoto di sabato sera e dal 50% dal voto della giuria di qualità):

1 – Arisa
2 – Raphael Gualazzi
3 – Renzo Rubino

sabato 22 febbraio 2014

Il Festival dei figli d'arte

Filippo Graziani, di Ivan
Lo hanno notato e apprezzato tutti, l'hanno votato in pochi… comunque quest’anno al festival ha partecipato un figlio d’arte d’eccellentissimo lignaggio: Filippo Graziani, erede della vocalità dell’indimenticato Ivan, visto a Sanremo l’ultima volta nel ‘94, pochi mesi prima della prematura scomparsa. Con il padre, Filippo – segni particolari cicatrice sotto il labbro, orecchini a entrambi i lobi e chitarra sempre a tracolla, condivide il timbro vocale particolarissimo, una certa somiglianza fisica e una certa vena anticonformista: insomma, il suo posto al Festival, dopo innumerevoli tentativi di partecipazione e una lunga gavetta che l’ha portato nelle piazze di tutta Italia, se l’è ben meritato. La giuria di qualità però non l'ha apprezzato granché (il televoto da casa lo aveva invece gratificato di un secondo posto nella serata eliminatoria, che gli sarebbe valso l'accesso alla finalissima): siamo comunque sicuri che il ragazzo rimarrà nel giro che conta e si farà strada, anche senza lenocini rampanti da esporre sulla trave del caminetto.
Tolto Filippo dal mazzo, e posto che Sanremo attrae da sempre le attenzioni di chi vuol fare musica (almeno agli inizi della carriera) ovviamente – siamo in Italia – avere da dire al patron di turno che “ti manda qualcuno” fa sempre il suo bell’effetto, un effetto tale da rendere relativo il peso del curriculum.
Cristiano De Andrè di Fabrizio
Nell’86 ci provò un ancora imberbe Cristiano De Andrè, peraltro in gara anche quest’anno; proponeva “Bella più di me” (titolo autoironico, visto che lui all’epoca avrebbe potuto fare il fotomodello). Ovviamente non sfondò, anzi: si attirò le critiche dei giornalisti (le firme sanremesi sono sempre le stesse l’altroieri come oggi: Fegiz, Mangiarotti, Molendini, Venegoni, Assante&Castaldo… ormai hanno le stanze d’albergo intitolate a loro); il grande padre Fabrizio assistette imperturbabile alla mattanza del figlio e si complimentò con lui solo quando quest’ultimo si guadagnò la piazza d’onore – meritatamente - nel ’93, con “Dietro la porta”. Gli disse: “Bravo”. L’89 fu come ben si sa l’apoteosi dei figli d’arte: erano quattro, tutti alla conduzione e tutti più o meno negati: un figlio di Antony Quinn, uno di Tognazzi, la figlia di Lucia Bosè e una di Celentano.
I figli dell'89
A loro parziale scusante, il fatto di essere stati chiamati sulle tavole dell’Ariston solo poco prima dell’inizio del Festival, a causa dell’inaspettato doppio forfait dei conduttori designati, Renzo Arbore e Renato Pozzetto. Come aggravante, i quattro hanno invece il fatto di non sapere nemmeno come facesse di nome Modugno; qualche storico mette addirittura in relazione la loro conduzione con la caduta del muro di Berlino. Nel '90 in gara (e addirittura secondo classificato tra gli emergenti) anche Gianluca Guidi, figlio di Johnny Dorelli e Lauretta Masiero: nel suo caso, il talento c'era; per la simpatia e la comunicativa, ci sta ancora lavorando oggi Celentano senior manca in gara al Festival dal lontano ’71, ma il suo cognome è risuonato spesso in riviera anche in tempi più recenti: praticamente a nessuno in famiglia manca nel curriculum la voce “presenze al festival”: oltre alla presentatrice Rosita, nel ’90 ricordiamo la partecipazione (stonatissima, ma magnetica) di Rosalinda, con la sua “Età dell’oro”; dodici anni più tardi, è la volta del figlio maschio, Giacomo, che con la sua “You and me” dimostra una volta di più che l’intonazione non fa parte del corredo genetico dei figli del Molleggiato. 
Francesco Facchinetti di Roby
La stessa, identica cosa si può dire di Daniele Battaglia, figlio del Pooh Dodi, e del figlio di Roby Francesco Facchinetti, il quale per sopperire alla poca propensione per il canto ruppe la consuetudine del vestire in smoking nella serata finale e si presentò sul palco a petto nudo (in molti si domandarono se in quel momento non stesse facendo pubblicità occulta al suo tatuatore). Insoddisfatto dell’esito mediocre delle sue due prime performance (2004 e 2005), DJ Francesco pensò bene di trascinare nel ridicolo anche suo padre in persona, con il quale portò in scena nel 2007 un apocalittico duetto dal titolo “Vivere normale”. A noi ce lo dici? Per continuare sulla strada dei Pooh, ricordiamo l’ormai invece dimenticata partecipazione della figlia di Red Canzian, Chiara – nel 2009 - mentre per Stefano d’Orazio c’è solo da segnalare la reiterata presenza al festival, sul finire degli anni ’80, di una sua “protetta”: Lena Biolcati. Nel 2009 (l’anno in cui vinse Marco Carta) nella sezione Giovani fece il suo debutto pure Irene Fornaciari, rampolla di Zucchero, insieme al quale si esibì nella serata dei duetti con il succitato Dodi Battaglia e a Maurizio Vandelli; insomma, come canterebbe Al Bano: “Meritocrazia canaglia”. Sono ormai solo cibo per “archivisti festivalieri” le partecipazioni di Maurizio Lauzi, figlio del grande Bruno, che prima di cimentarsi come solista fu per anni corista dell’orchestra Rai (è sua la voce del fatidico jingle di baudiana memoria “Perché Sanremo è Sanremo”); quello di Randy Roberts, figlio di quel Rocky che si buttava stasera, ma negli anni ’60, e perfino quella di Christian De Sica, nel ’74 al festival con “Mondo Mio”, in un periodo della carriera in cui ancora era indeciso se fare il crooner, l’attore brillante o il garzone del macellaio. 
Christian De Sica di Vittorio
Perché poi, si fa presto a dire “eh, ma quello lo manda suo papà…” ci vuole talento anche per essere un “figlio di”! Provate a chiederlo al povero Massimo Modugno, o a Marco Morandi, passati all’Ariston nell’indifferenza generale! Provate a chiederlo a Lila Fiori, la figlia del potente politico DC e poi AN dei primi anni ’90: quando lei, dopo aver stonato regolarmente e sanguinosamente in tutte le serate, raggiunse lo stesso l’ambitissima finale con i suoi “Fandango”, durante l’esibizione venne contestata… e i fischi non andavano nemmeno a tempo della canzone (che si intitolava “Non ci prenderanno mai”, erano del resto i tempi di Mani Pulite). Eh si, per fare il “figlio di” ci vuole classe, e tanta! Quella che non manca al gran visir di tutti i figli d’arte: sua Maestà Emanuele Filiberto, principe di Napoli e Venezia. 
Emanuele Filiberto di Vitt. Emanuele
Il figlio dell’erede al trono d’Italia, pur non facendo delle doti vocali la sua arma migliore, quando quattro anni fa è sceso in gara a Sanremo, in trio con Pupo e Luca Canonici, a momenti vinceva con “Italia amore mio”, gabbando pure il buon Mengoni. Si dice comunque che Sua Altezza, affaticato dal clima festivaliero e per smaltire la delusione della mancata vittoria, dopo la finale sia subito scappato a Brindisi… per una breve vacanza.


L'ultima scaletta della Gosparini

Frankie Hi-Nrg - Pedala
Ron - Sing in the Rain
Giuliano Palma - Così Lontano
Francesco Sarcina - Nel tuo sorriso
Noemi - Bagnati dal sole
Antonella Ruggiero - Da Lontano
Giusy Ferreri - Ti porto a cena con me
Cristiano De Andrè - Il cielo è vuoto
Raphael Gualazzi - Liberi o no
Perturbazione - L'unica
Renzo Rubino - Ora
Arisa - Controvento
Francesco Renga - Vivendo Adesso

Riccardo Sinigallia con Prima di andare via comunque si esibirà, fuori gara dopo la sua eliminazione di ieri

Spazio poi ai Giovani, tutti quanti:
Bianca - Saprai
Diodato - Babilonia
Filippo Graziani - Le cose belle
The Niro - 1969
Vadim - La modernità
Veronica De Simone - Nuvole che passano
Zibba- Senza di te
Rocco Hunt - Nu juorno buono (or whatever), fresco vincitore 

Gli ospiti della finale: Ligabue e il cantante belga Stromae.
Ci saranno inoltre Claudia Cardinale e Terence Hill (sportone per Don Matteo, come se ce ne fosse bisogno...)
Infine, torna ad un anno di distanza anche Maurizio Crozza... 

Ciao Francesco

Forse è morto per un malore, forse per l'incidente avvenuto a causa di quel malore.
Fattostà che a 66 anni è morta una delle più importanti voci del rock progressive (mannò, che cavolo: del rock. Punto.) italiano nonchè figura centrale del Banco del Mutuo Soccorso: Francesco di Giacomo. E' un destino che Sanremo debba piangere in diretta qualcuno negli anni: da Tenco a Claudio Villa, l'anno scorso persino il figlio di Franco Gatti, il bruno dei Ricchi e Poveri. 
Quest'anno è toccato a Francesco di Giacomo, e quasi quasi, nel dover ascoltare una cosi brutta notizia, sono contenta che sia successo nei giorni di Sanremo: in qualunque altro momento la notizia non avrebbe probabilmente avuto il giusto risalto. 
Di Giacomo, e il Banco, sono stati "qualcosa d'altro" negli anni '70: insieme alla PFM Premiata Forneria Marconi, gli Area, e Le Orme, sono andati oltre diventando l'esempio più rappresentativo e noto, anche all'estero, di rock progressivo italiano.
Negli anni ottanta, sono andati più in là, scavallando il rock progressivo, che loro già interpretavano in chiave personale: prima hanno fatto questo pezzo (che a dire il vero è il mio preferito)



(Insieme a questo)



Poi sono addirittura andati a Sanremo, nel 1985, ci hanno cantato "Grande Joe".
Quel Festival però li ha praticamente divisi: di Giacomo tornò in giro solo nel 1989 da solista, il Banco - quello rimasto - ancora più tardi.
Ma la sua voce non si dimentica, e non si dimenticherà.


Sanremo 2014, la quarta serata e gli ascolti.

Quarta puntata di Sanremo 2014.
Lo possiamo dire, alla quarta serata ormai, che la vera conferma di questo Sanremo è Pif? Quattro puntate di “Sanremo e Sanromolo” e – pur conoscendolo perfettamente da Il Testimone su Mtv – sono quattro sere che dico che questo ragazzo è un genio. Una tecnica di intervista la sua, talmente semplice e apparentemente banale (ma c’è un lavoro bestiale dietro) da risultare vincente sempre.
“Sanremo e Sanromolo” è lo spaccato reale di quello che ruota attorno all’Ariston e al mito del Festival, i vip più disparati (niente, è ufficiale che Valeria Marini è naturalmente dopata di suo…) che tra autografi, servizi fotografici ed eventi a destra e a manca si nutrono indirettamente per una settimana di questo immenso carrozzone, pur non c’entrando un fico secco con la kermesse o la gara. E poi sempre loro, il pubblico e i groupie. A caccia di foto col personaggio famoso o desiderosi dell’autografo di questo e quello…..poveri…
Ma il preserata è stato scosso da una tragica notizia abbattutasi come un fulmine a ciel sereno (o come un affamato quando vede una pizza con tonno e mozzarella: io): l’eliminazione di Riccardo Sinigallia che, parecchio furbo lui, ha avuto la brillante idea di proporre una canzone che in realtà non era esattamente inedita. È stato quindi punito dalla sfiga imperitura visto che guarda caso il pubblico lo ha fatto proseguire giusto con la canzone edita e per questo è stato sgamato. Bravo, credevamo che la palma di pirla andasse a Francesco Sarcina e ai suoi selfie e invece scopriamo che c’è la fila.
Peccato per lui. Intanto la Sugar, da brava Ponzio Pilato, ha dichiarato di non sapere nulla e se n’è lavata le mani.

Ospiti della serata, interamente dedicata – come la passata edizione – alla celebrazione della musica italiana con un particolare tributo alla scuola cantautorale genovese, sono stati: Marco Mengoni – vincitore della scorsa edizione ma a quanto pare anche nuovo testimonial della campagna per la sensibilizzazione del pelo virile – con un omaggio a Luigi Tenco (pare sappia cantare solo Tenco).
A un certo punto, dopo la Carrà e le Kessler delle sere passate, alla Littizzetto è toccato duettare con Rasputin il Mago Silvan. O quantomeno la sua maschera di cera, perché l’originale risulta essere disperso da decenni. Da quel compleanno quando, alla riaccensione delle luci – dopo che aveva soffiato sulle 800 candeline della torta – lui era sparito. Non c’era più. Ah, se solo avessero tenuto le luci accese….

Effetto Renzi

Hai visto mai che i primi tre tristi e sconclusionati giorni di Sanremo 2014, non degni nemmeno di Fabio Fazio, fossero effetto della vacanza di un governo, e perciò di qualcuno a cui la Rai doveva rispondere?
La puntata di venerdì, per quanto non rutilante, è stata decisamente migliore per chi ama il genere Fazio. Perlomeno, sembra tornata in mano al conduttore: due o tre punti notevoli, Gino Paoli accompagnato al piano da Danilo Rea innanzitutto, o Marco Mengoni che canta Tenco con la benedizione dei parenti di Tenco. ma anche alcuni degli omaggi dei big alla grande musica italiana ci hanno riconciliato sul festival. Su tutti Ron, che ha interpretato da brividi Cara di Lucio Dalla, in una operazione che, per la relazione di affetto che li aveva legati, poteva essere perlomeno discutibile.

Ma anche Giusy Ferreri (accompagnata da un fighissimo Alessio Boni che ha declamato "il mare d'inverno" e insieme a un Haber che sembrava il bimbo terrorizzato costretto a cantare a una recita scolastica) e Raphael Gualazzi hanno fatto belle cose, e altro ancora che non ricordo più. E poi ci sono state le bizzarrie di cui parlare, come Violante Placido che si cimenta con il canto ("lascia stare, non è per te...") o Riccardo Scamarcio che suona la batteria. È stato simpatico persino Silvan, in quota "simpatici residuati Rai".
E alla fine la gara dei giovani l'ha vinta quello meno gradito al divano ma di gran lunga più popolare (Rocco Hunt, definito "L'Harry Potter di Pozzuoli"), lasciando all'amatissimo Zibba il solito contentino del premio della critica.

Persino i vestitini delle signore sono ritornati tutti da commentare in bene o in male: dal lungo modello "signora in Giallo" della Littizzetto al fantastico e chicchissimo nude look di Simona Molinari. Insomma è ritornato Sanremo, quello vero, quello di cui sparlare in serenità. Alla fine della piacevole serata, più precisamente al tg 60 secondi che di norma spezza le gambe alla fine della trasmissione, un'illuminazione: "Ma Renzi ha sciolto le riserve!" E le conseguenti riflessioni. Dietrologia spinta all'eccesso?  Sicuramente. Ma con la tivù di Stato tutto si può ipotizzare.

venerdì 21 febbraio 2014

In diretta dalla Gosparini, la scaletta della serata di venerdì

ecco la scaletta della serata del ‘Sanremo Club’, omaggio ai grandi cantautori italiani:

Antonella Ruggiero canta i New Trolls, “Una Miniera”
Arisa con i Whomadewho canta Franco Battiato, “Cuccurucucu”
Cristiano De André canta Fabrizio De André, “Verranno a chiederti del nostro amore”
Frankie hi-nrg mc con Fiorella Mannoia canta Paolo Conte, “Boogie”
Francesco Renga canta Edoardo Bennato, “Un giorno credi”
Francesco Sarcina con Riccardo Scamarcio canta Zucchero, “Diavolo in me”
Giuliano Palma canta Pino Daniele, “I say i’ sto cca’”
Giusi Ferreri con Alessio Boni e Alessandro Haber canta Enrico Ruggeri, “Il mare d’inverno”
Noemi canta Ivano Fossati, “La costruzione di un amore”
I Perturbazione con Viola cantano Francesco De Gregori, “La donna cannone”
Raphael Gualazzi e the Bloody Beetroots con Tommy Lee cantano Domenico Modugno, “Nel blu dipinto di blu”
Renzo Rubino con Simona Molinari canta Giorgio Gaber, “Non arrossire”
Riccardo Sinigallia con Paola Turci, Marina Rei e Laura Arzilli canta Claudio Lolli, “Ho visto anche degli zingari felici”
Ron canta Lucio Dalla, “Cara”

Gino Paoli, insieme con Danilo Rea, farà un omaggio alla canzone d’autore genovese; venerdì si scoprirà ance il vincitore delle ‘Nuove Proposte’ (in caso di ex-aequo tra due cantanti, decide il presidente della Giuria di Qualità); ospite musicale, lo scozzese Paolo Nutini.

Previsto anche l’arrivo di Luca Zingaretti ed Enrico Brignano.

considerazioni... 
De Andrè figlio canta De Andrè padre...
...un po' come Ron con Dalla
Sinigallia ha praticamente un gineceo di ospiti
a Noemi piace vincere facile e fa un suo cavallo di battaglia dai tempi di X Factor
Giusy anche... a dire il vero, pezzo scontato
il Tommy Lee con Gualazzi è QUEL Tommy Lee?!?

Sanremo 2014, la terza serata e gli ascolti.

Terza puntata di Sanremo 2014.
Nella conferenza stampa di ieri mattina Fazio era parecchio in…..cavolato. Anzi no, era proprio incazzato nel sentirsi accusare di eccedere nell’eccessivo buonismo, lui che già di suo era una corda tesa costretto a dover difendere i propri ascolti. Però alla fine Sanremo il suo zoccolo duro ce l’ha. E ce lo mostra Pif nella nuova puntata di “Sanremo e Sanromolo” che introduce la terza puntata. Un micro mondo, il pubblico pagante di Sanremo, tutto impellicciato e sopra le righe che se li vede Paolo Bonolis ci farebbe con loro altre 8 edizioni di “Avanti un altro”….Per dire.

Ospiti della serata, che con più forza delle prime due serate si è maggiormente soffermata sul tema di quest’anno, la bellezza, sono stati: in apertura – come previsto da giorni  - l‘omaggio a Claudio Abbado a un mese dalla sua scomparsa con la partecipazione dell’Orchestra Filarmonica del Teatro La Fenice, diretta dal maestro Diego Matheuz. Poi la Littizzetto ha tolto per un attimo i panni della conduttrice per fare quello che più sa fare, i monologhi di pancia e di cuore. E in più ha per lo meno permesso a Fazio di andare finalmente in bagno dopo un blocco intestinale di tre giorni. Poi segue Flavio Caroli che legge le lettere che Vincent Van Gogh aveva indirizzato al fratello Theo. Dopo è partita l’esibizione di un particolare ballerino (che mi ha emozionato come pochi, ma si sa che da due anni a questa parte la nascita di mio nipote mi ha rovinato): era Dergin Tokmak (grazie al sito di Davide Maggio, da cui ho “rubato” il nome), ballerino con le stampelle perché senza gambe. Il blocco si conclude con un flashmob spettacolare….iniziato come una contestazione parecchio reale (dopo martedì ci aspettiamo di tutto), ma finita col botto e con la conferma da parte di Fazio che <<Questo sì che l’abbiamo preparato noi>> a risposta di chi crede ancora che i contestatori di martedì sera fossero”preparati” dall’interno.

giovedì 20 febbraio 2014

Addio a Borgna, l'intellettuale che sdoganò Sanremo

La notizia del giorno per Sanremo non è tanto il calo degli ascolti o la faringite della Ferreri, ma la scomparsa, avvenuta nella notte tra mercoledì e giovedì, di un intellettuale che il festival lo ha letteralmente sdoganato: Gianni BorgnaBorgna, laureato in filosofia, è stato un critico musicale, saggista, politico, docente universitario ma soprattutto grande appassionato e storico del Festival di Sanremo. Ancora oggi, nel 2014, essere orgogliosi della propria passione sanremese può causare qualche occhiata di compatimento, qualche risolino di imbarazzo, ma nel 1980, soprattutto in certi ambienti intellettuale-cultural-radicalchic-sinistrorsi, la canzonetta era vista davvero come fumo negli occhi, inutile perdita di tempo, ferrovecchio da rottamare (e dire che Renzi all'epoca era solo un remigino!) e dirsi appassionati del festival poteva stroncare carriere avviate. Pier Paolo Pasolini diceva che "Il trionfo di Sanremo e delle sue canzonette sono qualcosa che deturpa irrimediabilmente una società"; lo stesso Michele Serra, in seguito più volte autore dello show, ebbe modo di scrivere sull'Unità ai bei tempi che furono che "Sanremo ha la capacità di risucchiare gli umori bassi della società"; questi sono solo due esempi di come certi ambienti intellettuali italiani guardavano al festival.
Nell'anno 1980, però, arrivò Gianni Borgna e il suo libro fondamentale (per i sanremisti) "Sanremo, la grande evasione" (30 anni di costume italiano). Per primo, aprendo un filone poi addirittura abusato, Borgna, intellettuale organico del PCI, identificò nel racconto e nella storia di Sanremo non una semplice carrellata di scandaletti, vestiti di cattivo gusto e pettegolezzi da parrucchiere, ma un vero e proprio strumento attraverso cui leggere e interpretare lo sviluppo recente della società italiana. Il suo libro cambiò la prospettiva, affermò che anche "l'evasione" poteva convivere accanto all'"impegno" politico e Sanremo, quell'anno presentato da Cecchetto, da Benigni e da Nilla Pizzi e in pieno rilancio dopo le secche dei '70, divenne grazie a lui nell'immaginario popolare e nella mente degli osservatori e dei media quello che conosciamo ancora oggi: non un semplice spettacolo, non certo un festival della canzone, ma lo specchio nemmeno troppo deformante della società in cui viviamo.
La contrapposizione tra "pensiero" e "popolo" era insomma saltata. 
Il libro in questione analizzava con rigore quasi scientifico versi, testi e musiche di canzoni fino ad allora quasi additate al pubblico ludibrio: "Papaveri e papere" o "Non ho l'età" venivano per la prima volta accostate come opere pop e non come devianze della società del consumo e dall'analisi seria dei loro versi semplici nascevano considerazioni ficcanti sul nostro modo di essere italiani che nessuno prima aveva avanzato. Veniva applicata alla "materia bassa" del festival una tecnica d'analisi che prima era stata riservata solo alla musica colta; il risultato fu un grande successo di vendite per la prima edizione per i tipi di Savelli, bissato poi nelle riedizioni del 1986 con Laterza e del 1998, per Mondadori e il titolo "L'italia di Sanremo", che suggellava la definitiva consacrazione della funzione sociologica della kermesse rivierasca. In seguito Borgna, nato nel 1947, ha scritto numerosi altri testi fondamentali per lo studio della musica leggera italiana, finendo per ricoprire, sotto i sindaci Veltroni e Rutelli, l'incarico delicato di assessore alla cultura della Capitale.

La scaletta della terza serata, grazie a Michela Gosparini

Terza serata. Abbiamo ormai le 14 canzoni finaliste e alla fine della serata avremo anche una classifica provvisoria determinata dal televoto da casa (che determinerà il 25% di quella che poi sarà la classifica finale). Ma in mezzo cosa avremo? Ecco la scaletta della terza serata (che ci ha girato la divanista Michela Gosparini).


La serata si aprirà con un omaggio a Claudio Abbado, ad un mese dalla scomparsa: sul palco, l'Orchestra Filarmonica del Teatro la Fenice diretta dal maestro Diego Matheuz in un brano di Mozart.
Gli altri ospiti della serata sono Renzo Arbore, l'astronauta Luca Parmitano e il cantautore irlandese Damien Rice.

per quanto riguarda la gara canora, si esibiranno tutti i 14 Big, ciascuno con la canzone passata nelle precedenti due serate.

Per i Giovani ascolteremo:
Rocco Hunt - "Nu juorno buono"
Veronica De Simone - "Nuvole che passano"
The Niro - "1969"
Vadim - "La modernità"

Sanremo 2014, la seconda serata e gli ascolti.

Seconda puntata di Sanremo 2014.
Uscita a pezzi da ieri sera – usciti noi a pezzi dai 20 minuti cantati della Casta – la kermesse si fa forza e continua la sua corsa verso l’obiettivo puntato: ucciderci mentalmente e anche fisicamente.

Stessa intro puntualmente montata dal nostro amichevole Pif di quartiere (per dire, ha ammesso in conferenza stampa ieri mattina, che lui è l’unico a godere tra sipari che non funzionano e aspiranti suicidi: tutto brodo saporito per il suo “Sanremo e Sanromolo”). Sempre in conferenza stampa, Fazio aveva promesso di iniziare alle 20.30, per far sì che il primo cantante riuscisse a tutti i costi a esibirsi per le 21.00….. Promessa per niente mantenuta.

Ospiti della seconda serata geriatrica sono stati: Claudio Santamaria (perché per contratto era d’obbligo la marchetta per la nuova fiction Rai in due puntate “Non è mai troppo tardi” su Alberto Manzi), Claudio Baglioni, con una faccia più rifatta di quella della mamma di Sylvester Stallone (apriamo l’hashtag #salviamoleespressionifacciali e #salviamoBaglionisalviamoicoglioni), le gemelle Kessler (che con la scusa di un dadaumpa di qua e un dadaumpa di là, son più di 30 anni che ci leccano il culo per lavorare in Italia e appena girate le spalle ci prendono per il culo andando a sputtanarci a destra e a manca, insomma una questione di culi). Poi Franca Valeri (o – IMHO – quello che rimane della grande stella che è stata, tanta tenerezza per me e niente risate….detto questo, plauso ad Anna Marchesini, che è consapevole che a un certo punto si deve dire no). Infine, prima che il gallo cantasse tre volte, è apparso Rufus Wainwright, che se la tirava più di Jack McFarland …..neanche se ce l’avesse solo lui.

Ma davvero non c'è nulla di bello, ORA?

La foto emblematica della seconda serata, e incomincio a temere di tutta l'edizione, è quella di Fabio Fazio in vestaglia e ciabatte sul palco del festival di Sanremo.
E meno male che c'eran le Kessler che di brio ne hanno da vendere. Nemmeno Franca Valeri, un vero mito vivente, ha aiutato: troppo evidente il suo parkinson e la difficoltà a parlare, malgrado la mancanza di voglia di arrendersi
Chi non ho retto é stato Baglioni, e la sua infilata di ronanticismi anni settanta: mi spiace. Come non avevo la chitarra per strimpellare le canzoni di Cat Stevens, non ho mai legato i suoi pezzi a dolci ricordi al mare. O ero sfigata, o i miei pretendenti ascoltavano altro (sospetto "Kung Fu fighting"...). Quindi, questi primi ospiti non mi hanno fatto l'effetto nostalgia, mi hanno fatto solo pensare "Misericordia ancora gli anni settanta". 
E nemmeno il miglior cantautore del mondo, che la mia placida ignoranza manco conosceva, ha risollevato il morale: uno che si chiama Rufus per me deve essere simile a quello che cantava con

Chaka Khan,  e la sua voce doveva inondarmi di testosterone come in ain't nobody. E invece mi ritrovo davanti all' ennesima ballad. Scusate, sono ignorante, ma non ce la fo più.

Ne avrei retto una parte, se l'avessi potuta confrontare con qualcun'altro, un pirla qualsiasi, ma almeno appartenente al presente: toh, mi andavano bene persino gli One Direction, anche se mi escono dagli occhi.
Un gruppo qualsiasi, nemmeno da pagare tanto. Bastava che fosse di oggi, di domani, quel che volete voi. Ma non di quattro decenni fa..

Messi cosi, questi ricordi mi fanno solo tristezza. Mi fanno dire che questo non solo non è un paese per giovani, ma nemmeno un paese per chi non vuole vivere solo di ricordi.
E allora, tiè, fosse per me metterei in gara solo le giovani proposte, andate in onda ieri sera: in fondo, mi sono piaciuti pressocchè tutti, contrariamente alle canzoni dei big (Che, a definirli big, si fa peccato: può bastare "gli autorevoli"?).

E poi scapperei con il vestito e la collana di Noemi: lei, da ragazzetta freak appena tornata da Londra, ha indossato un vestito lungo di Gattinoni con una capigliatura pel di carota e il taglio punk, con la sciccheria della principessa Leila.
Vivaddio, un po' di movimento.

Il fotoracconto della serata



mercoledì 19 febbraio 2014

Il Festival più brutto della storia

Il logo ufficiale del 1975
Qual'è stata l'edizione più brutta della lunga storia del Festival di Sanremo? Escludendo la risposta cinica che scatta in questi casi, ovvero: "questa", storici, critici e appassionati non hanno quasi mai dubbi al riguardo: l'edizione da dimenticare fu quella del 1975. Persino quella del 2004, a conduzione Ventura, non seppe fare di peggio.
Torniamo allora al '75: l'Italia è preda dei miniassegni e la crisi petrolifera manda tutti in giro a piedi, le Fiat 126 azzurrine e le 124 color mattone sono ferme nei garage. La Juve vince il suo sedicesimo scudetto, la pallacanestro Ignis Varese la quarta Coppa dei Campioni, Fellini vince il suo quarto Oscar con Amarcord, Thoni la quarta coppa del mondo di Sci Alpino, Dulbecco e Montale si aggiudicano il premio Nobel. E a Sanremo?
Gilda premiata da Mike
Al festival di Sanremo vince Gilda, con "Ragazza del sud". La cosa più buffa è che Gilda è di Biella; diciamo che se il festival fosse stato quello di Saint Vincent, il titolo sarebbe stato più coerente.
Nel cast, davvero pochi i nomi noti, e nessuno di primo piano; il festival '75 sembra davvero fatto coi fichi secchi, anzi, per l'esattezza è fatto dalla Giunta Comunale, con l'allora assessore al Festival Napoleone Cavaliere che sceglie i brani e in beata autonomia li abbina ai cantanti a disposizione (ovviamente tutti sconosciuti perché le case discografiche si erano sottratte al gioco). Si dice che nei giorni del festival l'assessore avvicinasse i giornalisti e, offrendo colazioni sontuose e donando loro portachiavi e altri gadget di un certo valore, li implorasse di non essere troppo cattivi nelle loro corrispondenze, col Festival '75. Quell'anno comunque qualcosa di memorabile al Festival c'è: una scenografia forse tra le più belle della sua storia, concepita da Natale Neri e ispirata allo stile liberty che dilaga nella città dei fiori: peccato che il blu e il viola della scena li possano ammirare solo gli spettatori dell'Eurovisione, perché in Italia Mamma Rai trasmette ancora nell'austero bianco e nero. Conducono Mike Bongiorno e Sabina Ciuffini, ma le tre serate sono diffuse solo per radio, la TV accende le sue camere solo per la finale, e di questa serata non è oggi rimasta alcuna traccia negli archivi.
La scenografia liberty
Tra i brani, il nonsenso di "Sola in due", l'approfondimento scientifico di "Scarafaggi", l'ottimistica "La paura di morire", la sincerissima "Ipocrisia", la matura e responsabile "Decidi tu per me". Tra gli interpreti, scegliendo a caso tra i più famosi: Goffredo Canarini, i G-Men, i Quintafaccia e le Nuove Erbe. Una canzone, sospettata di non essere inedita, intitolata "1975… amore mio" non fa in tempo ad essere squalificata perché gli uffici per depositare l'esposto quel giorno erano chiusi per sciopero.
Fin qui, la ricostruzione di prassi. Poi però si potrebbe fare un piccolo sforzo di interpretazione storica, e allora si scoprirebbe che questo Sanremo 1975 è uno dei più interessanti della fase di mezzo del festival e tra i più rappresentativi dello spirito dell'epoca. Forse dunque sarebbe più giusto osservare che era proprio il momento storico a non essere un granché.


La scaletta della seconda serata, a cura della Gosparini

Scaletta della seconda serata (per gli abbinamenti coi presenter aspetto aggiornamenti):

i BBig:
Francesco Renga: A un isolato da te – Vivendo adesso
Giuliano Palma: Così lontano – Un bacio crudele
Noemi: Bagnati dal sole – Un uomo è un albero
Renzo Rubino: Ora – Per sempre e poi basta
Ron: Un abbraccio unico – Sing in the rain
Riccardo Sinigallia: Prima di andare via – Una rigenerazione
Francesco Sarcina: Nel tuo sorriso – In questa città.

accompagnati dal festival del CHICAZZE':
Gemelle Kessler
Armin Zoeggeler 
Cristiana Collu
Kasia Smutniak
Gianantonio Stella
Veronica Angeloni
Clemente Russo.

i GGGiovani:
Diodato: Babilonia
Filippo Graziani: le cose belle
Bianca: Saprai
Zibba: Senza di te

gli ospiti:
Claudio Baglioni
Rufus Wainwright (che dovrebbe cantare Across the Universe dei Beatles e la sua Cigarettes and Chocolate Milk)
Franca Valeri 
Claudio Santamaria

Sanremo 2014, la prima serata e gli ascolti.

È iniziata la sessantaquattresima edizione del Festival di Sanremo, la seconda consecutiva – e l’ultima – condotta dal duo Fazio-Littizzetto. La serata – che si rivelerà parecchio gelida, tesa e affaticata - è iniziata con “Sanremo e Sanromolo”, l’intro affidato al conosciuto volto di Mtv (ed ex Iena) Pif, che dedicherà ogni sera una “finestra” di apertura su Sanremo e chi ci vive. La tecnica è la stessa conosciuta e già vista in tutte le puntate de Il Testimone: parlantina fulminea, intervista e tele camerina in spalla, che contraddistingue il nostro e il punto di vista di Pif.

Dopo un sipario che rifiuta di alzarsi – costringendo Fazio a fare quello che più non sa fare: improvvisare – ecco che la serata inizia come peggio non poteva, i due aspiranti suicidi disoccupati in odore di déjà vu. Domani a Baudo chi lo sente? <<Il suicidio a Sanremo l’ho inventato io, l’ho inventato!!>>.

Ospiti della serata sono stati: Ligabue, che ci ha uccisi biascicando in apertura un omaggio a De André padre (mentre il figlio è in gara tra i Big) con una canzone tutta in genovese le cui parole avrà capito solo lui e chi la conosceva già da prima (la canzone era Crêuza de mä, mentre su Divano & Sanremo c’era parecchia gente inspiegabilmente commossa, ndr). Raffaella Carrà (che a 70 anni balla ancora come una 15enne, mentre io dopo che mi rialzo dalla scrivania rimango piegato per circa 10 minuti prima di riuscire a ricompormi), Letizia Casta (tanto imbarazzante, quanto davvero incapace) e, solo a tarda serata, Cat Stevens (grazie per Father and Son e l’omaggio ai Beatles con All you need is Love).

Tra noia e dejavu, arridatece Pippo Baudo

Non riesco a capire se la sensazione prevalente è quella del dejà vu o della sonnolenza: certo che la prima puntata del 64esimo festival di Sanremo non è stata di quelle scoppiettanti. 
Certo, direte voi, c’è stato il dramma (che quasi mi perdevo: ma non incominciava mica alle 21, tutta la kermesse?) avvenuto all’inizio della trasmissione, dei due lavoratori di nonsoquale azienda (e che nella distrazione e confusione non abbia nemmeno sentito di quale azienda si trattasse, non è a vantaggio della loro lotta operaia… ). Ma a me, quel sentore di "falso" o perlomeno di "dejavu" (Lo ricordate Pippo Baudo?).
Certo, direte voi, c’è stato Cat Yussuf Stevens, tornato a suonare (A Sanremo??????) dopo 20 anni. 
Ma, francamente, a parte i ricordi delle strimpellate di Father and Son con la mitica Eko da battaglia (come giustamente ricordato sul divano) e una lacrima di nostalgia che non sarebbe meno onorevole se fosse stata spesa per un Claudio Villa redivivo, non ho vissuto brividi di sorpresa o novità. Chiamatemi insensibile. 

Per esempio: c’erano ben tre morti da ricordare: il primo, Fabrizio De Andrè, è stato ricordato da un emiliano, Ligabue, che ha cantato il suo capolavoro in Genovese, Creuza de mà. Poi è proseguito con l’omaggio di Enzo Jannacci da parte di suo figlio: indossare il suo impermeabile. Infine, si è concluso con traparoletre di “Mi piaccion le sbarbine” e - fortunatamente - alcuni degli aforismi di Freak Antoni ricordati dalla Littizzetto. Vabbè. Se li sono fatti fuori tutti oggi, con il risultato che li hanno compressi un po’ ridicolmente. Fa niente: tanto abbiamo visto Letizia Castà ballare “Andò hawaii, se la banana non ce l’hai?”, forse possiamo essere soddisfatti, per avere visto in soli (soli… oddio..) dieci minuti distruggere l’ultimo mito chic della Francia di Hollande. 

Ascoltare le canzoni in concorso è stata di gran lunga la cosa più difficile: a tutto il divano è parso un tormento micidiale, e la lista dei brani presentati sembrava la peggiore di sempre. Poi, sulla sigla, c’è stato una specie di riassunto dei brani passati in finale, e tra tutti c’è stato un brusìo: “beh, sentiti cosi, non sono poi così male… "
La morale è che ha prevalso per tutta la giornata di ieri il fattore noia, a causa di eccesso, e non di difetto, di cantate indiscriminate per tutti. 

Due canzoni per volta sono troppe da reggere per un cantante solo, senza cambi di vestiti. Non è divertente. Fazio, non credere che tutta l’italia è li per ascoltare la Canzone Italiana: è una grande Balla. Gli Italiani, dopo un po’ di cuore e amore, si annoiano e fanno una poltiglia unica (per l’occasione, e per dimostrartelo, ti allego qui sotto il brano “poltiglia” genialmente assemblato con le parole ascoltate ieri  nelle canzoni, da una nostra divanista) . 

Facci vedere le facce, fai inciampare qualcuno, tira fuori una a cui si apre lo spacco: questo è gli italiani che davvero vogliono, alla faccia della loro finta indignazione da social network. 
O, in alternativa, portaci la Carrà. 
La sua esibizione, a 70 anni suonati, è stata una boccata d’aria fresca, e il suo Chachaciao eletto dopo pochi secondi tormentonedellanno-iconadelgaypride.
Magari, dopo il suo appello, ci tornano pure a casa i marò.

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Allegato: il brano-poltiglia
(testo di Monica Caputi)

"Mangia la prima mela e poi fatti la banana, mentre affoghi nell'acqua controvento se vuoi che un uomo resti vivo, altrimenti: PEDALA o balliamo da lontano.
Tanto ci sei o ci fai, non so. S'acceso o s'è spento, cosa? Il Cervello: TREMENDO!
CIACCIACCIA; CIACCIOCCIAO Ma liberi noi!"
Il cielo è vuoto e la nostra immaginazione naviga nello spazio.
Sei l'unica e mi aspetto molto da te in un'Italia invisibile vista dal bar.
Ti porto a cena con me, l'amore possiede il bene, dunque tu possiedi me e io te. ma ho un conto aperto col passato e dovrò pagarlo io, anche se ora si usa poco."

martedì 18 febbraio 2014

La scaletta della Gosparini: prima serata

si esibiranno:
Arisa “Lentamente (il primo che passa)” e “Controvento”
Frankie HI-NRG MC ”Pedala” e “Un uomo libero”
Antonella Ruggiero “Quando Balliamo” e “Da Lontano”
Raphael Gualazzi e Bloody Beetroots “Liberi o no” e “Tanto ci sei”
Cristiano De André “Invisibili” e “Cielo Vuoto”
Perturbazione “L’unica” e “L’Italia vista dal bar”
Giusy Ferreri “L’amore possiede il bene” e “Ti porto a cena con me”


accompagnati da: 

Arisa con Tito Stagno
Frankie Hi-nrg MC con Tania Cagnotto e Francesca Dallapè
Antonella Ruggiero con Amaurys Perez
Raphael Gualazzi con Luigi Naldini
Cristiano De André con Cristiana Capotondi
Perturbazione con Massimo Gramellini
Giusy Ferreri con Marco Bocci.

I big spiegati al popolo: Renzo Rubino

Questo è facile, uso pochissimo tempo: Renzo Rubino abbiamo saputo chi era l'anno scroso, quando ha partecipato a Sanremo Giovani. Non ha mica vinto, ma la sua "Il postino (Amami uomo)" pur arrivando terza scatena le fantasia perché parla con simpatia e ironia di un amore gay. Per questi la sua "Amami uomo, con la mani da uomo" che non lascia ne dubbi ne ambiguità ha vinto il premio della Critica "Mia Martini".Per questa caratteristica, si è guadagnato un posto tra i big del 2014.
E con questo ho detto tutto.