sabato 22 febbraio 2014

Il Festival dei figli d'arte

Filippo Graziani, di Ivan
Lo hanno notato e apprezzato tutti, l'hanno votato in pochi… comunque quest’anno al festival ha partecipato un figlio d’arte d’eccellentissimo lignaggio: Filippo Graziani, erede della vocalità dell’indimenticato Ivan, visto a Sanremo l’ultima volta nel ‘94, pochi mesi prima della prematura scomparsa. Con il padre, Filippo – segni particolari cicatrice sotto il labbro, orecchini a entrambi i lobi e chitarra sempre a tracolla, condivide il timbro vocale particolarissimo, una certa somiglianza fisica e una certa vena anticonformista: insomma, il suo posto al Festival, dopo innumerevoli tentativi di partecipazione e una lunga gavetta che l’ha portato nelle piazze di tutta Italia, se l’è ben meritato. La giuria di qualità però non l'ha apprezzato granché (il televoto da casa lo aveva invece gratificato di un secondo posto nella serata eliminatoria, che gli sarebbe valso l'accesso alla finalissima): siamo comunque sicuri che il ragazzo rimarrà nel giro che conta e si farà strada, anche senza lenocini rampanti da esporre sulla trave del caminetto.
Tolto Filippo dal mazzo, e posto che Sanremo attrae da sempre le attenzioni di chi vuol fare musica (almeno agli inizi della carriera) ovviamente – siamo in Italia – avere da dire al patron di turno che “ti manda qualcuno” fa sempre il suo bell’effetto, un effetto tale da rendere relativo il peso del curriculum.
Cristiano De Andrè di Fabrizio
Nell’86 ci provò un ancora imberbe Cristiano De Andrè, peraltro in gara anche quest’anno; proponeva “Bella più di me” (titolo autoironico, visto che lui all’epoca avrebbe potuto fare il fotomodello). Ovviamente non sfondò, anzi: si attirò le critiche dei giornalisti (le firme sanremesi sono sempre le stesse l’altroieri come oggi: Fegiz, Mangiarotti, Molendini, Venegoni, Assante&Castaldo… ormai hanno le stanze d’albergo intitolate a loro); il grande padre Fabrizio assistette imperturbabile alla mattanza del figlio e si complimentò con lui solo quando quest’ultimo si guadagnò la piazza d’onore – meritatamente - nel ’93, con “Dietro la porta”. Gli disse: “Bravo”. L’89 fu come ben si sa l’apoteosi dei figli d’arte: erano quattro, tutti alla conduzione e tutti più o meno negati: un figlio di Antony Quinn, uno di Tognazzi, la figlia di Lucia Bosè e una di Celentano.
I figli dell'89
A loro parziale scusante, il fatto di essere stati chiamati sulle tavole dell’Ariston solo poco prima dell’inizio del Festival, a causa dell’inaspettato doppio forfait dei conduttori designati, Renzo Arbore e Renato Pozzetto. Come aggravante, i quattro hanno invece il fatto di non sapere nemmeno come facesse di nome Modugno; qualche storico mette addirittura in relazione la loro conduzione con la caduta del muro di Berlino. Nel '90 in gara (e addirittura secondo classificato tra gli emergenti) anche Gianluca Guidi, figlio di Johnny Dorelli e Lauretta Masiero: nel suo caso, il talento c'era; per la simpatia e la comunicativa, ci sta ancora lavorando oggi Celentano senior manca in gara al Festival dal lontano ’71, ma il suo cognome è risuonato spesso in riviera anche in tempi più recenti: praticamente a nessuno in famiglia manca nel curriculum la voce “presenze al festival”: oltre alla presentatrice Rosita, nel ’90 ricordiamo la partecipazione (stonatissima, ma magnetica) di Rosalinda, con la sua “Età dell’oro”; dodici anni più tardi, è la volta del figlio maschio, Giacomo, che con la sua “You and me” dimostra una volta di più che l’intonazione non fa parte del corredo genetico dei figli del Molleggiato. 
Francesco Facchinetti di Roby
La stessa, identica cosa si può dire di Daniele Battaglia, figlio del Pooh Dodi, e del figlio di Roby Francesco Facchinetti, il quale per sopperire alla poca propensione per il canto ruppe la consuetudine del vestire in smoking nella serata finale e si presentò sul palco a petto nudo (in molti si domandarono se in quel momento non stesse facendo pubblicità occulta al suo tatuatore). Insoddisfatto dell’esito mediocre delle sue due prime performance (2004 e 2005), DJ Francesco pensò bene di trascinare nel ridicolo anche suo padre in persona, con il quale portò in scena nel 2007 un apocalittico duetto dal titolo “Vivere normale”. A noi ce lo dici? Per continuare sulla strada dei Pooh, ricordiamo l’ormai invece dimenticata partecipazione della figlia di Red Canzian, Chiara – nel 2009 - mentre per Stefano d’Orazio c’è solo da segnalare la reiterata presenza al festival, sul finire degli anni ’80, di una sua “protetta”: Lena Biolcati. Nel 2009 (l’anno in cui vinse Marco Carta) nella sezione Giovani fece il suo debutto pure Irene Fornaciari, rampolla di Zucchero, insieme al quale si esibì nella serata dei duetti con il succitato Dodi Battaglia e a Maurizio Vandelli; insomma, come canterebbe Al Bano: “Meritocrazia canaglia”. Sono ormai solo cibo per “archivisti festivalieri” le partecipazioni di Maurizio Lauzi, figlio del grande Bruno, che prima di cimentarsi come solista fu per anni corista dell’orchestra Rai (è sua la voce del fatidico jingle di baudiana memoria “Perché Sanremo è Sanremo”); quello di Randy Roberts, figlio di quel Rocky che si buttava stasera, ma negli anni ’60, e perfino quella di Christian De Sica, nel ’74 al festival con “Mondo Mio”, in un periodo della carriera in cui ancora era indeciso se fare il crooner, l’attore brillante o il garzone del macellaio. 
Christian De Sica di Vittorio
Perché poi, si fa presto a dire “eh, ma quello lo manda suo papà…” ci vuole talento anche per essere un “figlio di”! Provate a chiederlo al povero Massimo Modugno, o a Marco Morandi, passati all’Ariston nell’indifferenza generale! Provate a chiederlo a Lila Fiori, la figlia del potente politico DC e poi AN dei primi anni ’90: quando lei, dopo aver stonato regolarmente e sanguinosamente in tutte le serate, raggiunse lo stesso l’ambitissima finale con i suoi “Fandango”, durante l’esibizione venne contestata… e i fischi non andavano nemmeno a tempo della canzone (che si intitolava “Non ci prenderanno mai”, erano del resto i tempi di Mani Pulite). Eh si, per fare il “figlio di” ci vuole classe, e tanta! Quella che non manca al gran visir di tutti i figli d’arte: sua Maestà Emanuele Filiberto, principe di Napoli e Venezia. 
Emanuele Filiberto di Vitt. Emanuele
Il figlio dell’erede al trono d’Italia, pur non facendo delle doti vocali la sua arma migliore, quando quattro anni fa è sceso in gara a Sanremo, in trio con Pupo e Luca Canonici, a momenti vinceva con “Italia amore mio”, gabbando pure il buon Mengoni. Si dice comunque che Sua Altezza, affaticato dal clima festivaliero e per smaltire la delusione della mancata vittoria, dopo la finale sia subito scappato a Brindisi… per una breve vacanza.


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