Cristiano de Andrè è un big per diritto ereditario. Più che la sua carriera discografica di peraltro buon cantautore e musicista, vale il cognome che porta, quello di uno dei più grandi artisti - e non solo cantanti - della storia recente italiana. Cristiano, di Fabrizio De Andrè, è il suo figlio primogenito, quello che ne ha preso desideri e tormenti.
Una delle più grandi differenze tra padre e figlio, è la loro presenza a Sanremo. Il padre, nemmeno una. Il figlio ha cominciato invece a bazzicare la Riviera a 23 anni, nel 1985: ci partecipò con la canzone "Bella più di me", arrivando quarto nella sezione Giovani e vincendo il Premio della critica. Poi ci è tornato nel 1993 con "Dietro la porta", aggiudicandosi il secondo posto assoluto nella categoria Campioni, il Premio della Critica e il Premio Volare, e nel 2003 con "Un giorno Nuovo". E ora ci torna.
A voler essere cattive, Sanremo non è che uno degli aiutini che la vita gli ha dato per reggere il confronto con la mostruosa personalità del padre. Gli altri sono meno raccomandabili: alcolista (come, ahimè il padre, che fu tenuto a bada dalla sua poesia e dalla sua seconda moglie, l'adorabile Dori Ghezzi) e violento, ha aggredito più volte forze dell'ordine e compagne.
Ci spiega Stefano Redaelli: Cristiano De Andrè a Sanremo tra i big ci andò nel 1993 e raccolse un buon secondo posto, con "Dietro la porta" (non fu contestato dal pubblico in sala come le terze classificate, Casale+DiMichele, ree di aver portato via il podio all'eroe di quell'anno, Renato Zero). Ricordo che De Andrè jr una volta raccontò del momento in cui disse al padre di essere arrivato secondo al festival, raccogliendo come commento dall'augusto genitore un semplice mugugno e un lapidario "bravo".
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