giovedì 20 febbraio 2014

Addio a Borgna, l'intellettuale che sdoganò Sanremo

La notizia del giorno per Sanremo non è tanto il calo degli ascolti o la faringite della Ferreri, ma la scomparsa, avvenuta nella notte tra mercoledì e giovedì, di un intellettuale che il festival lo ha letteralmente sdoganato: Gianni BorgnaBorgna, laureato in filosofia, è stato un critico musicale, saggista, politico, docente universitario ma soprattutto grande appassionato e storico del Festival di Sanremo. Ancora oggi, nel 2014, essere orgogliosi della propria passione sanremese può causare qualche occhiata di compatimento, qualche risolino di imbarazzo, ma nel 1980, soprattutto in certi ambienti intellettuale-cultural-radicalchic-sinistrorsi, la canzonetta era vista davvero come fumo negli occhi, inutile perdita di tempo, ferrovecchio da rottamare (e dire che Renzi all'epoca era solo un remigino!) e dirsi appassionati del festival poteva stroncare carriere avviate. Pier Paolo Pasolini diceva che "Il trionfo di Sanremo e delle sue canzonette sono qualcosa che deturpa irrimediabilmente una società"; lo stesso Michele Serra, in seguito più volte autore dello show, ebbe modo di scrivere sull'Unità ai bei tempi che furono che "Sanremo ha la capacità di risucchiare gli umori bassi della società"; questi sono solo due esempi di come certi ambienti intellettuali italiani guardavano al festival.
Nell'anno 1980, però, arrivò Gianni Borgna e il suo libro fondamentale (per i sanremisti) "Sanremo, la grande evasione" (30 anni di costume italiano). Per primo, aprendo un filone poi addirittura abusato, Borgna, intellettuale organico del PCI, identificò nel racconto e nella storia di Sanremo non una semplice carrellata di scandaletti, vestiti di cattivo gusto e pettegolezzi da parrucchiere, ma un vero e proprio strumento attraverso cui leggere e interpretare lo sviluppo recente della società italiana. Il suo libro cambiò la prospettiva, affermò che anche "l'evasione" poteva convivere accanto all'"impegno" politico e Sanremo, quell'anno presentato da Cecchetto, da Benigni e da Nilla Pizzi e in pieno rilancio dopo le secche dei '70, divenne grazie a lui nell'immaginario popolare e nella mente degli osservatori e dei media quello che conosciamo ancora oggi: non un semplice spettacolo, non certo un festival della canzone, ma lo specchio nemmeno troppo deformante della società in cui viviamo.
La contrapposizione tra "pensiero" e "popolo" era insomma saltata. 
Il libro in questione analizzava con rigore quasi scientifico versi, testi e musiche di canzoni fino ad allora quasi additate al pubblico ludibrio: "Papaveri e papere" o "Non ho l'età" venivano per la prima volta accostate come opere pop e non come devianze della società del consumo e dall'analisi seria dei loro versi semplici nascevano considerazioni ficcanti sul nostro modo di essere italiani che nessuno prima aveva avanzato. Veniva applicata alla "materia bassa" del festival una tecnica d'analisi che prima era stata riservata solo alla musica colta; il risultato fu un grande successo di vendite per la prima edizione per i tipi di Savelli, bissato poi nelle riedizioni del 1986 con Laterza e del 1998, per Mondadori e il titolo "L'italia di Sanremo", che suggellava la definitiva consacrazione della funzione sociologica della kermesse rivierasca. In seguito Borgna, nato nel 1947, ha scritto numerosi altri testi fondamentali per lo studio della musica leggera italiana, finendo per ricoprire, sotto i sindaci Veltroni e Rutelli, l'incarico delicato di assessore alla cultura della Capitale.

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