La contestazione di ieri a Crozza, allora, è stata tutta una montatura, come la scenografia postapocalittica e il ciuffo di Mengoni? Pare di sì: si tratta di due soliti noti che anche l'anno scorso si distinsero per una violenta contestazione al superospite Celentano.
L'anno scorso Claudia Mori si scagliò contro il CdA Rai, accusandolo di non tutelare le star, ricevendo in cambio una virile pernacchia; quest'anno Antonio Verro, il consigliere l'anno scorso accusato di aver fomentato la contestazione, si tira fuori: io non c'ero. Ma tra gli addetti ai lavori, comunque, è cosa risaputa: la platea dell'Ariston è di destra: ride di Bersani purchessia, e meno di altri. Crozza era avvisato, ma è comunque entrato nella piccola storia di Sanremo. Ma se al posto di Fazio (che ha azzeccato perfettamente tempi e modi dell'entrata in scena in aiuto a Crozza) ci fosse stato Pippo Baudo? Sarebbe stato un trionfo della sceneggiata, come quando nel '95 il disoccupato Pino Pagano tentò di buttarsi dalla galleria e fu trattenuto da Baudo stesso al termine di una trattativa tanto spettacolare quanto surreale, con le vallette a bocca aperta che dal palco assistevano alla scena. E c'era ancora Pippo Baudo quando gli operai dell'Italsider a rischio licenziamento (anno di grazia 1984, ma i problemi sembrano gli stessi di oggi) protestavano fuori dall'Ariston e con loro stessa sorpresa vennero fatti accomodare sul palco a dire le loro ragioni da un Baudo novello Giuseppe Di Vittorio.
Assenza più acuta presenza? Nel caso di Giuliano Ferrara, si: lui minacciò (e anche allora si era sotto campagna elettorale - come praticamente sempre in Italia) di presentarsi all'Ariston e tirare uova contro Benigni; all'ultimo, scelse l'opzione megafrittatone coi porri in hotel e non si presentò al botteghino. Peccato. Per il versante malinconico, tocca invece ricordare il 1993: alla proclamazione della terza classificata, una dimenticabilissima "Gli amori diversi" della coppia Rossana Casale/Grazia Di Michele, i fischi e le urla di disapprovazione del pubblico costrinsero le due alle lacrime, mentre Baudo cincischiava sul fatto che il pubblico ha diritto di dissentire e al mercato spetta l'ultima parola. In quell'occasione, però, il mercato manco si degnò di pronunciarla.
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